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Leggenda siciliana

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MessaggioMistralcartomante Mer Mag 17, 2023 12:53 pm

La leggenda siciliana
Dalla costa calabra che dà sullo Stretto di Messina si assiste, molto raramente in verità, ad un fenomeno ottico-meteorologico per cui la costa siciliana appare non solo ravvicinata ma anche riflessa al centro dello stesso mare.
Il fenomeno deriva da un'irregolare distribuzione dell'indice di rifrazione in alcuni strati dell'aria e si verifica raramente in quanto occorre la combinazione di molti fattori atmosferici ed ambientali.
Quando questo fenomeno si verifica oltre alla costa siciliana riflessa nelle acque si vedono anche le case, le persone e gli alberi.
Il fenomeno è visibile solo dalla costa reggina, quella che fu definita da D'Annunzio "il più bel chilometro d'Italia": un luogo magico, in grado di regalare ai fortunati passanti un vero e proprio incantesimo opera di una fata.
È detto infanti della "Fata Morgana" o "Fata delle Acque" e viene abbinato proprio a Morgana, sorellastra e amante di Artù che possedeva il dono dei giochi d'aria e d'acqua.
La leggenda ci tramanda che, dopo aver condotto suo fratello Artù ai piedi dell'Etna, Morgana si trasferisce in Sicilia tra l'Etna e lo stretto di Messina, dove i marinai non si avvicinano a causa delle forti tempeste, e si costruisce un palazzo di cristallo.
Si racconta che un giorno di Settembre, Ruggero il Normanno, stesse passeggiando solitario su una spiaggia della Calabria e guardando la costa peloritana meditava sul modo migliore per poter conquistare la Sicilia, allora occupata dai Saraceni che ne avevano fatto una terra ricca e prosperosa e quindi appetibile.
Qualche tempo prima, alcuni cavalieri messinesi erano riusciti a raggiungerlo a Mileto e gli avevano esposto il desiderio di averlo come liberatore e signore.
Ciò non tanto perché i Saraceni si comportassero da usurpatori o tiranni della povera gente, anzi molto avevano fatto per la Sicilia, per renderla prospera e indipendente, ma perché ultimamente i loro Kaid erano entrati in guerra tra di loro e ciò era causa di stragi, razzie e disordini e a farne le spese erano tutti i Siciliani, ricchi o poveri che fossero.
Ruggero, in Sicilia, era stato un'altra volta, dal 1038 al 1040, con Giorgio Maniace, generale bizantino che Michele IV, imperatore di Bisanzio, aveva inviato nell'isola con il compito di cacciare gli Arabi e di riportarla sotto la sua sovranità.
Allora quel tentativo, pur se inframmezzato da piccoli successi era fallito, anche perché i Normanni, insoddisfatti di come procedeva la spartizione del bottino di guerra, si erano dissociati dall'impresa e se n'erano tornati nell'Italia meridionale e in Calabria.
Ora Ruggero, pregato dai Messinesi e dal kaid di Catania pensava di ritentare la conquista dell'isola, cacciando i musulmani che la detenevano da quasi duecento anni e di ricristianizzarla in senso latino.
L'impresa che Ruggero meditava si presentava difficile e rischiosa anche perché poteva contare solo su uno sparuto gruppo di cavalieri e fanti.
Narra la leggenda che mentre era intento a meditare su queste cose e a respirare l'intenso odore di zagara che proveniva dagli aranceti in fiore, gli parve udire una musica di guerra, intramezzata da lamenti e sospiri di schiavi, e musica felice.
Ruggero si fermò incuriosito e poiché abitava lì nei pressi un vecchio e saggio eremita Ruggero vi si diresse e, dopo averlo cortesemente salutato, gli domandò notizie su quel fatto così misterioso ed insolito.
L'eremita allungò il braccio e con un dito gli indicò la costa siciliana.
"Lì gli aranci sono in fiore... - gli disse - Lì c'è musica ma anche pianti... Lì ballano i saraceni e piangono i cristiani! Dicono che sei potente e cristiano... Perché non combatti e muori per la tua fede?".
Ruggero non seppe che rispondere, continuò a passeggiare pensieroso.
D'un tratto, davanti a lui, il mare prese a ribollire e dalla spuma apparve la testa di una bellissima donna: era Morgana, la fata, sorella carnale di re Artù.
Ella ha nel mondo varie regge ma qui, proprio in mezzo allo Stretto, ha il suo più bello e antico palazzo, meta di tutte le fate e maghe del Mediterraneo.
Ella, a poco a poco, emerse e Ruggero la vide salire su un cocchio bianco-azzurro tirato da sette cavalli bianchi con la criniera azzurra.
Morgana stava per muoversi verso sud, quando vide Ruggero passeggiare sulla spiaggia a passi lenti.
"Che pensi, o Ruggero? -
gli gridò Morgana dirigendosi verso di lui
- Se è come immagino, salta sul mio cocchio e subito ti porterò in Sicilia, assieme ad un possente esercito...".
Ruggero sorrise e salutò Morgana poi, gentilmente ma con fermezza rispose:
"Io ti ringrazio, o Morgana, ma non posso accettare il tuo aiuto.
Ma se la Madonna che amo e i santi che mi proteggono mi daranno la loro benedizione, io andrò alla guerra sul mio cavallo e trasporterò l'esercito con le mie navi e vincerò per valore e non per gli incantesimi di una fata".
Allora Morgana agitò tre volte in aria la sua bacchetta magica e lanciò in acqua tre sassi bianchi.
"Guarda, o Ruggero, la mia potenza!"...
E in quel punto apparvero sull'acqua case e palazzi, strade e ville, e tutta la costa siciliana apparve così vicina da poter essere raggiunta solo con un solo salto.
"Eccoti la Sicilia! Salta su di essa, raggiungi Messina ed io farò in modo che in essa troverai il più forte e il più numeroso esercito che tu abbia mai avuto in battaglia".
Ruggero, anche se meravigliato da tanto incantesimo, rifiutò ancora l'offerta.
"Morgana! Tu sei una gran fata, degna della stirpe da cui discendi. Ma non sarà con l'incantesimo che io libererò la Sicilia dal paganesimo.
Essa mi sarà data da Cristo nostro signore e da sua madre, la Vergine Maria che io ho già scelto e adottato come madre mia divina.
Ma grazie, per il pensiero...".
Morgana non attese di più, agitò nuovamente la sua bacchetta magica e i castelli, le strade e le ville sparirono di colpo, il suo cocchio si mosse veloce trainato dai sette cavalli verso le spiagge dell'Etna.
Ruggero, come sappiamo, sbarcò poi in Messina nella primavera del 1061 e in circa 30 anni di guerra, spesso condotta con accanimento e ferocia, senza esclusioni di colpi, riuscì a strappare la Sicilia, una delle terre più ricche e più progredite di quel tempo, ai musulmani.
Ma si narra anche una seconda leggenda, sempre ambientata nello stretto di Messina, nata anch’essa dallo stesso fenomeno.
Racconta una leggenda che al tempo della discesa dei barbari verso il sud, un'orda di questi conquistatori, dopo aver attraversato tutta la penisola giunse sulle rive dello stretto di Messina.
Un giorno dell'anno 1060, Ruggero II°, il Normanno, passeggiava solitario su una spiaggia della Calabria e meditava sul modo migliore di conquistare l'isola a quel tempo occupata dagli Arabi. Ma non possedeva neanche una barca per poter attraversare il mare e perciò si disperava.
Lo udì una fata che, spinta da compassione, decise di venire in suo aiuto.
Era un pomeriggio di settembre, il cielo e il mare erano senza un filo di vento ed una nebbiolina sottile velava l'orizzonte.
La fata disse al re di guardare ai suoi piedi e questi vide nell'acqua, nitidamente, come se potesse toccarli con mano, i monti dell'Isola coperti di uliveti, le spiagge verdi di arance e limoni, il porto di Messina e persino i marinai che caricavano le merci.
Con un grido di gioia balzò giù da cavallo, si tuffò nell'acqua, l'incanto si ruppe e, trascinato giù dal peso della sua armatura, quel re affogò miseramenteLeggenda siciliana  Fb_img35

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